TORNANDO DAL CINEMA: MAXXXINE (2024)

 Maxxxine di Ti West


Tornando dal cinema, come sempre, senza far raffreddare troppo (tendenzialmente NO SPOILER)

Film girato benissimo e molto interessante, che getta tanta carne al fuoco e mescola i valori della società occidentale facendoli scontrare come schegge impazzite. Però la seconda metà sembra un po' mozzarsi, come se mancasse il compimento di tanti personaggi e di tante questioni aperte. Risulta meno complesso del previsto, purtroppo. Trovate visive carine, seppur non molto originali (pensavo peggio per le citazioni all'horror anni '60-'80, ma sono parecchie).

Certamente ci sono continue lotte tra progresso e conservazione, anche tra eredità ed emancipazione. Nessun personaggio è pienamente positivo, direi più il contrario, anche se alcuni sono un po' lasciati a loro stessi (i due sbirri, l'amico, un po' tutti a parte lei). 
Maxine è la star, lo sappiamo da tre film. Nel secondo è un'altra ma chiaramente il DNA metaforico è lo stesso e, fin troppo, rimane tale, inesorabile. Il personaggio che vediamo alla fine, lui, è importante, più come macchietta che altro. Ok, è l'ultima metafora del patriarcato. Ma, forse, la cosa migliore è la mela non caduta tanto lontano dall'albero: lei si comporta come lui molto più di quanto si voglia illudere di non farlo (dico a te, neo-femminismo odierno). Maxine è una rivoluzionaria, ma anche l'illusione violenta di una rivoluzione. La rivalsa è spesso soltanto una forma di vendetta, di ritorsione o conservazione dei nuovi privilegi ottenuti, che erano i vecchi per qualcun altro. Difficile fare questo discorso oggi, difficile non dividere il mondo solo in buoni e cattivi. Proprio a Hollywood, la città del cinema che impedisce di fare cinema. La città delle contraddizioni, dove la regista emancipata e "illuminata" non esita con la produttrice a farti spogliare (te, giovane ragazza) al termine di un provino già convincente (non è infatti per lo spogliarsi in sé, ma per la valenza nel provino). In fondo, cambiamo alcuni valori, ma non quelli fondamentali: la violenza, l'edonismo, il cinismo e l'avarizia. 
A Maxine non importa il come, ma il dove. Dove arrivare. In cima. La cima ha diversi prezzi. Subire un giudizio morale e uccidere sono tra questi. Probabilmente, l'atto politico più forte della ragazza non risiede tanto nel voler dimostrare una forma di spudorata emancipazione, ma un certo menefreghismo nei confronti del dibattito, che è e resterà sempre piuttosto polarizzante, interpretabile. E inutile, se non permetterà di raggiungere la vetta di Hollywood. Letteralmente.

Carini i riferimenti al "lupo cattivo", al "cosa sei disposto a fare" e a tutta quella follia idealistica di questo mondo non proprio idilliaco. Inutile citare poi tutte le references cinematografiche agli slasher di carpenteriana e argentiana memoria, anche perché non sono poi così interessanti a livello visivo. Ne troverete molte, comunque. 

Non raggiunge, infine si può dire, il genio di un'opera completa in tutti i suoi personaggi, più meri strumenti narrativi fissi, né un cambiamento radicale nel modo di vedere cinema da parte del cinema stesso. Penso a Il seme della follia.

Comunque valido. Pearl resta il più riuscito.


di Giovanni Piretti 

 

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