PORTFOLIO

- by Giovanni Piretti -

INVENZIONI 
IN 
"RACCONTI DI OGNI SORTE": 

anteprima fac simile copertina, foto scattata da me


PARODIA DI UN PORTFOLIO DI CONTENUTI COPY PER ESPLORARE IL MIO LIBRO DI RACCONTI INEDITO E PER GIOCARE CON LA POSSIBILE PUBBLICITÀ DI OGGETTI PROTAGONISTI DELLE VARIE STORIE BREVI

 (GIUSTO PER NON GIUDICARE IL LIBRO SOLO DALLA COPERTINA)


*PARTECIPA AL SONDAGGIO IN FONDO: UNA SOLA DOMANDA SUL TUO INTERESSE O NON INTERESSE A LEGGERE IL LIBRO (ESISTE UN LIBRO?), QUALORA VENISSE PUBBLICATO*

 


- Dal racconto: “Dorsey e Mignolo”:


*BRAND DI PRODOTTI PER CANI*

Capire una lingua e comprendere il significato delle parole sono due cose ben diverse. Lo sanno Dorsey e Mignolo, due colti e intelligenti cani che discutono proprio di questo.

come reagiscono di fronte all’annuncio che “è prontO”?

E soprattutto, come facciamo a sapere di che discutono?


C A N I F O N

foto da lacrimuccia


Per comprenderli e comprendersi, serve qualcosa di più e parte da noi.

Cominciamo col capirli.


[i PS fuori dal coro: “è pronto” è universale? Si comprende anche senza traduttore (non diciamolo ad alta voce)?]


- Dal racconto: “fAInder I”:


un' APP di incontri

diversa

dalle altre

😊

rassicurante

utile

😊

sa dove sei

sa con chi sei

😊

😊

decide con chi ti incontrerai

non ti lascerà mai solo

😊

😊

ti spingerà a fare la scelta migliore

anche se non vorrai

😊

😊

per il tuo bene

😊

😊

😊

rassicurante

utile

un'APP di incontri 

diversa dalle altre

😊

😊

😊


F I N D E R



[i PS fuori dal coro: è giusto un po' inquietante]

😊😊😊😊😊😊😊😊😊😊

[AIUTO]




- Dal racconto: “Anna e Marco”:


NEL 2072 NON ABBIAMO ANCORA CAPITO

foto da "Arancia Meccanica", anche se qui il "transcriptor" è un altro tipo di aggeggio rende l'idea

 Durante l’ultimo decennio, è stato messo in commercio tra gli operatori sanitari un dispositivo in grado di monitorare e registrare fedelmente immagini mentali e pensieri ottenuti durante il sonno o un coma farmacologico indotto. 

L’inquietante pratica nacque con il fine di ottenere informazioni subliminali sulle malattie seguendo segnali che il corpo non fornisce facilmente, sia in fase di anamnesi (evitando le menzogne dei pazienti sulle vite personali o comunque completandole), sia in fase di diagnosi. Inoltre, lo scopo era anche quello di studiare in situazioni pratiche l’attività cerebrale dei pazienti in coma e la capacità di interazione e influenza dei parenti su di essi.

Attraverso la criminalità organizzata, si diffusero rapidamente dei centri medici clandestini in tutto il mondo, in particolare nella Nuova Europa; con essi, dottori e psicologi specializzati nella comprensione del macchinario e nella gestione dei pazienti che ne facessero uso.

È proliferato l’uso di una pratica di induzione di coma in forma illegale, per le più svariate ragioni: dal ricatto alla violenza gratuita; dal tentativo di scoprire un tradimento a quello di falsificare dei testamenti. 

L’obiettivo risulta, tutt'ora, sfruttare l’incapacità del paziente di ricordare non solo ciò che ha pensato e visto nel coma, ma anche ciò che è avvenuto pochissimo prima e pochissimo dopo “il trattamento”... 

IL TRANSCRIPTOR NASCE COME STRUMENTO PER AIUTARE LE PERSONE

DICIAMO NO ALL'ABUSO DI QUESTE PRATICHE


[i PS fuori dal coro: chi controlla i controllori?]





- SEGUONO PRESENTAZIONE LIBRO E LINK SONDAGGIO -





RACCONTI DI OGNI SORTE

 

I’m not a complicated man. I like cinema.

FLOYD GONDOLLI (PHILIP BAKER HALL),

BOOGIE NIGHTS, 1997, P. T. ANDERSON

 

 


 

 



BREVE introduzione

La cosa divertente della citazione che ho inserito all’inizio del libro è che si tratta di una frase di un film sui film. Perché io vengo da lì, dal cinema, anche se non ho ancora praticamente esperienza. L’idea di scrivere nasce dallo stretto contatto, per me, tra cinema e letteratura.

La seconda cosa divertente (lo so, avevo fatto intendere che fosse una sola) è che questa frase ripresa da Boogie Nights, estrapolata così, ha un significato romantico e ampio, per quanto preciso. Nel film, invece, aveva un significato quasi opposto a quello che intendo: “Mi piace il cinema”, è lì inteso come riferimento ad un'arte incentrata sul business e su pochissime idee per un pubblico vastissimo, che viene soltanto accontentato e non scosso. Il personaggio dice che vuole questo, perché è un produttore di film per adulti di basso livello, molta carne e un alto tasso di profitto. Io preferisco quelle cose che partono da idee sentite e almeno un po’ coraggiose. Lavorate con questo spirito e con la voglia di raccontare qualcosa di bello, di brutto, di pericoloso, di allarmante che possa far venire qualche dubbio; senza dover accontentare tutti tutti. Non so se sono capace di farlo io stesso, ma è questo che mi piace dell’arte. Non solo l’emozione e l’adrenalina dell’intrattenimento. Tutto qua. In questo, lo spirito è identico sia che si tratti di cinema, sia che si tratti di scrittura o di disegno o di musica. E me lo ha insegnato il cinema.

La terza cosa divertente di quella frase in questo contesto (lo so, lo so…) è collegata alla prima e riguarda “il linguaggio”. Troncando quella seconda parte del discorso nella mia testa, quando ho pensato di inserire il riferimento, mi sono accorto che il linguaggio è uno degli argomenti, nonché degli strumenti, con cui abbiamo più a che fare e di cui diamo per scontate le doti. Secondo me permette al contenuto di diventare un tutt’uno con quella che consideriamo solo forma, di far risaltare lo straordinario nel normale, aiutandoci a riflettere proprio sulla normalità che pensavamo banale. Che sia nel cinema o nel senso che viene dato alla parola “cinema”, attraverso un testo scritto o il cinema stesso, possiamo aprire o chiudere scenari molto facilmente e con abilità e inventiva. Gli scherzi che il linguaggio genera nella nostra testa di fronte a un’opera, in fase di “creazione” o fruizione (viene da chiedersi perché le virgolette solo sul primo termine e non sul secondo, beh, appunto, preferisco non rispondere, ma farlo notare), sono un altro motivo che mi ha spinto a scrivere il libretto. E anche questo, in parte, lo devo al cinema. Per la scrittura, tutto quello che posso confessare è che prediligo lo scrivere in modo molto semplice e pratico. Anche che mi diverte e mi fa sfogare, scrivere pensando a ciò che mi piace e al linguaggio. Che sia l’ironia, l’orrore o lo stupore, che sia in racconti classici, racconti espansivi, patetici o trattenuti o ancora troncati, la possibilità di giocare essendo molto seri mi affascina e mi ha guidato in questo percorso. Che si tratti di lavorare sull’innescare delle emozioni o sul disinnescarle, che sia un momento gratificante o snervante, con il linguaggio si può fare tutto e il contrario di tutto, a volte anche assieme.

La quarta cosa divertente della “sentenza” è la sua estrema brevità. Molti si trovano meglio a leggere e a realizzare cose brevi. Allo stesso tempo, nutro rispetto e provo timore nei confronti di autori che hanno fatto di grandiosità e lunghezza i propri cavalli di battaglia. E spesso, proprio questi hanno inciso con racconti eccezionali. Io cercherei di seguire l’istinto. Per ora, mi vengono dei raccontini.

E quindi eccoci.

 

Sto scrivendo questa “premessa” in un momento in cui ho terminato la maggior parte dei racconti e ho pensato almeno all’idea alla base dei restanti. Mi rendo conto che, in questo momento, ho delle cose in testa e le butto giù. È possibile che tra sei mesi, o a un mese dalla pubblicazione, vorrei che fossero parecchio diverse. Così all’infinito. Non per questo sono da rinnegare, anzi, semplicemente potrei non essere mai contento al cento percento, la mia visione potrebbe mutare un pochino.

Per questo, ad un certo punto, bisogna avere il coraggio di lasciare andare. Con l’introduzione, vorrei addirittura tentare di giocare, non toccandola più. Da “adesso”.

Anzi da adesso.

Adesso.

Non sono credibile eh?

Lo so.

Chiedo venia, l’indecisione è una caratteristica quantomeno del narratore, se non dell’autore.

 

PS: l’esistenza del “PS” in questa introduzione è già una contraddizione, ma permettetemi di fare un esempio sul senso delle precedenti premesse.

Prima che vi chiediate di nuovo e approfonditamente, durante la lettura, ora, o alla fine del libro, cos’hanno in comune questi racconti, vorrei spiegarvelo con una battuta. La battuta è questa: la cosa che hanno maggiormente in comune questi racconti è il fatto che hanno più cose non in comune di quante invece ne abbiano in comune.

Buona lettura. 



LINK SONDAGGIO

https://forms.gle/pNpwX54mMzY3Qxxv5





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