BUONI MOTIVI PER RIVALUTARE THE IDOL

 Buoni motivi de core e di getto per rivalutare The Idol, serie HBO del 2023

(certo che ci ho pensato, ma ho voluto scrivere così come mi veniva, e soprattutto perché mi veniva):






- Perché The Weekend e Lily-Rose Depp sono talenti puri e poliedrici, attori e cantanti nati, ancora acerbi ma diretti in maniera superba da Sam Levinson sembrano dei veterani (come il supporting cast eccezionale)

- perché intercetta tutte le questioni di oggi, tra violenza di genere, inclusività, cancel culture e risonanza mediatica, senza avere la bacchetta magica e senza buonismo

- perché dopo Euphoria, serie strabiliante e tra le più influenti tra teenager e young adults, considerando l'alto profilo delle serie HBO e la credibilità ottenuta dal creatore Sam Levinson, bisognerebbe un attimo fidarsi di più di chi conosce il mestiere e sa anche dare originalità (fare teen drama o una serie su una pop star non è proprio banale)

- perché ci accompagna, come un'opera scorsesiana allo stadio successivo, attraverso eccessi che non sono solo tali

- perché i talenti coinvolti sono tutti molto consapevoli del mondo della produzione discografica e in generale dello show business, perciò si sa esattamente, partendo dal realismo, quali chiavi di lettura prediligere, quali strade tra linguaggio e valori intraprendere e perché, risultando anche molto spigolosi, riescono a rendere l'assurdità in maniera logica e coinvolgente emotivamente. Nonostante il taglio di un episodio, incomprensibile per i motivi precedenti (ascolti bassi lì per lì non possono inficiare la completezza dell'opera, che può essere rivalutata) e la percezione di un cambio di ritmo tra il quarto e il quinto, è un lavoro assolutamente valido e che centra l'obiettivo




- nel merito, perché la serie indaga l'animo umano in condizioni estreme, che però ci riportano, come iperbole, ad una società in fondo non tanto lontana dalla metafora. È incredibile come in realtà ci sia veramente pochissima distanza tra quel mondo e quello di tutti i giorni. Le persone sono più consapevoli dei vecchi processi psicologici e sociali, ma si sono ritrovate in strane e complesse derivazioni estreme, in cui commercio e sesso sono non soltanto coincidenti, ma l'unica forma di credibilità; dove la manipolazione e il narcisismo sono comportamenti accettati e al contempo condannati, superficialmente allontanati e poi abbracciati da tutti come una tattica appena imparata; dove un trauma è l'unico biglietto da visita per sfruttare sé stessi in una carriera milionaria e, soprattutto, "artistica", dimenticando perfino l'inizio di tutto, la creazione, in virtù di un processo scomposto e di logiche perverse ma reali, elitarie ma sincere. Una spirale di contraddizioni che forse ci rivela davvero l'indole animalesca e pessima dell'umanità, se rapportata alle sue stesse regole auto imposte per convenzione e sopravvalutazione.

- Perché la musica, il sesso, la fotografia (luci usate in modo contemporaneo come colori, ma non per vuoto estetismo, già in Euphoria era così), l'arte, sono visti in tutte le sfaccettature possibili e spingono non solo ad una riflessione etica, non solo spirituale, ma anche sensoriale

- Perché le colonne sonore sono lo specchio del racconto sia a livello narrativo, sia a livello critico musicale, con grande immedesimazione nel sentire dei personaggi, tutti in parte, e del mercato della musica pop (la presenza di Jenni delle Blackpink non è infatti un caso e neanche solo una trovata mediatica, ad esempio, ma un personaggio che riflette una tendenza reale nella storia, nella trama vera e propria)



- perché, per noi spettatori disposti ad entrare nella storia, The Idol con grande finezza regge la narrazione sul non detto, su meccanismi psicologici che conosciamo e riconosciamo, ma che non vogliamo ammettere come nostri, creando suspense e senso di colpa, ma anche cinismo e immedesimazione (ancora una contraddizione)

- perché nessun personaggio, in virtù dei discorsi precedenti, è e sarà mai disinteressato e semplicemente empatico, così come mai sarà solo ed esclusivamente egoista e privo di ideali. Ma tutto è in discussione in un tritacarne di emozioni, poste in gioco, decisioni mirate, perdoni e vendette, per una ennesima parabola tragica ma anche con un finale inaspettato, perfettamente coerente (ancora una apparente contraddizione per un pubblico abituato a buoni e cattivi netti e a bianco o nero...) con quanto espresso nella serie: "devi essere credibile e pensare a te stesso, allo stesso tempo sei un artista, ascolta l'istinto e le emozioni e fai quello che ti senti, sii generoso se lo ritieni giusto, sii spietato se lo ritieni opportuno"; questo il mantra in un certo senso, ma è il mantra di Quel mondo, non la "moralina" che tutti dobbiamo seguire, neanche quella da non seguire. Sta a noi rivalutarci, a renderci conto di quanto ci nascondiamo dietro a parole e a rispetto superficiali, salvo poi giudicare come prima, agire come prima, spesso senza empatia, ma con modi gentili, in una società compromessa (la gentilezza vera non è molto pervenuta). Forse un problema di specie più che di società. Forse ci siamo evoluti abbastanza da raggiungere l'iperbole di noi stessi. Quel microcosmo in The Idol ci pone questa domanda

- perché, in conclusione, ci pone anche altre super domande, in virtù del mappazzone già detto: la musica pop è solo intrattenimento o perfino intrattenimento (l'arte più superba?)? Un'altra: artista è chi l'artista fa? O magari siamo giunti alla corruzione di uno dei pochi sistemi di auto salvezza, dell'uscita di emergenza, come nel resto delle cose di mondo?




Di Giovanni Piretti





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