C’ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD (2019)
C’ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD DI QUENTIN TARANTINO
Un’opera personale che ci dice tanto. Nel 2019 ne scrissi così:
Questa non è una recensione. È una impressione. È una sensazione. È un
qualcosa che viene fuori da una mente ancora abbastanza calda, ma meno di ieri.
Allora cosa
credo che abbia fatto e voluto fare Tarantino con questo film?
A mio avviso, il regista ha elevato la sua arte e la sua idea di cinema.
Lui, che spesso è stato definito “un grande sceneggiatore più che un grande
regista” per la sua capacità di descrivere storie molto intriganti e
coinvolgenti e di caratterizzare personaggi al limite con estrema credibilità,
questa volta ha puntato su altro.
Questa volta, a mio parere, i personaggi sono molto interessanti, ma non in
quanto tali o grazie ad una storia particolarmente brillante. A mio avviso
storia e protagonisti erano soltanto un pretesto. Perfino l’idea di rendere
giustizia da un punto di vista storico-scenografico ad un periodo particolare e
di cambiamento per gli USA, era un pretesto. Era importante per i temi che
voleva affrontare, nient’altro. Lo si intuisce nel finale. Infatti, sempre a
mio parere, non contano troppo le trovate stilistiche di montaggio per rendere
certe scene incredibilmente comiche e efficaci esprimendo l’aggressività della
regia (che qui in realtà è più cauta per la maggior parte del film) in alcuni
momenti esilaranti. Non contano molto le inquadrature particolari che fanno
impazzire per bellezza e tecnica.
È il senso, ciò di cui importa a Tarantino e che pesa di più nella
pellicola. E lo mostra così per sé stesso e poi per parlarne agli altri.
Secondo un Suo punto di vista. Una visione da un punto di vista politico
sociale, che si intreccia con quella che è la visione del cinema.
L’America è arretrata e rimasta a vecchi canoni, sia nel cinema che nella
mentalità. Rimasta bigotta nel modo di pensare e nel modo di girare. E il
cambiamento spaventa Rick Dalton (DiCaprio), che di due cose ha
fondamentalmente paura: dell’evoluzione del cinema che lo lasci indietro; degli
hippie, strani, incomprensibili, che falliscono miseramente in un’America
troppo malata di violenza per non farsi risucchiare.
Rick “bastardo”
Dalton
Quest’ultimo punto raggiunge il suo massimo nella scena (SPOILER piccolo)
in cui i seguaci di Manson sono in macchina a parlare di omicidi. “Ammazziamo
quelli che ci hanno sempre mostrato la violenza in tv”. La citazione non è
esatta ma il concetto è quello. Chiaro esempio di fallimento di un’America non
ancora pronta e troppo ancorata alle logiche Western della vendetta e della
prepotenza (come il personaggio di Pitt ci insegna, ma vediamo più avanti…). In
più qui si intravede una critica molto personale di Tarantino a chi gli
attribuisce l’etichetta di “violento e portatore di malsana violenza”. Come se
dopo un suo film andassimo tutti ad ammazzare qualcuno. Però, come detto prima,
lucidamente mantiene vivo il tema della violenza come abitudine culturale che
ha essa stessa influenzato il modo di fare arte per troppo tempo; non a caso il
personaggio di Al Pacino invita Rick a recitare in un Western in Italia, dove
lo stile e anche l’ottica di un Corbucci (o di un Leone) è molto più
ampia.
Django di Sergio Corbucci
Questo punto si lega con il tema principale: il cinema, la sua evoluzione e
il suo significato profondo anche in un genere apparentemente poco raffinato
(io lo adoro) come il Western. Un genere in realtà ampissimo e troppo ridotto
ad uno stereotipo.
Allora Tarantino cosa fa? Lo critica, pur essendone un amante e uno sviluppatore
e, allo stesso tempo, lo elogia.
Decide di prendere il mondo Western e quegli stereotipi e li deride, ne fa
una parodia. Come detto deride anche tutto ciò che c’è dietro: attori,
produttori, set, dinamiche di realizzazione di un qualcosa che era diventato
più un’industria fine a sé stessa (e al denaro) ed esaurita nella sua capacità
ei rigenerarsi nella creatività.
Hollywood.
Ma ciò che gli interessa di più, sempre a mio parere, è un viaggio
personalissimo all’interno di questa America che sarebbe stata perfetta per un
Western.
Pensiamo all’odio razziale ancora molto diffuso e a quanto questo fosse
stato anche riportato nei film. Quentin sembra prendere in giro i cliché del
genere, ma in realtà li sviluppa, li evolve (come ha sempre fatto e come fece
il suo idolo Leone prima di lui proprio in quegli anni) e li rende arte, li
rende magia in maniera subliminale in tutta la storia. Perché i tempi dilatati
in macchina (come fossero cavalli per attraversare il deserto), le vicende
dell’intreccio e lo stile con cui si raccontano, trasformano la storia del ’69
in un Western. Tutto ciò che è del genere è una parodia. Tutto ciò che non è
del genere diventa del genere.
I personaggi ricordano due cowboy alla ricerca di fortuna. Cliff Booth
(Brad Pitt) che si trova in un vecchio set abbandonato e in cui abita la setta
di Manson, cerca di portare a termine un obiettivo giusto e incontra un
impedimento sulla sua strada. Allora è costretto a risolvere la contesa. E
tutti lo fissano. E quando gli viene fatto un torto, cerca di vendicarsi. Tutto
a causa di una “fanciulla”. E poco importa se siano macchine o cavalli. No. No,
in realtà importa, perché a un certo punto le atmosfere anni ’60 e del
selvaggio West si fondono, come nella scena precedente, confondendo cosa sia
l’uno e cosa sia l’altro. Ma in realtà quello è stato il momento di rivelazione
per me. Mi è arrivato il messaggio. Chiaro.
Cliff Booth,
nella scena dall’atmosfera da selvaggio West
D’altronde, la “fanciulla” in pericolo c’è ed è Sharon Tate, la cui vita si
intreccia veramente con quella di Rick e Cliff solo verso la fine, quando il
Western Tarantiniano deve giungere a conclusione e il sangue deve scorrere. La
ragazza appare però emancipata, aperta mentalmente e veramente libera rispetto
alle seguaci di Manson, un po’ come per dare una speranza.
E il senso viene fuori appena prima e appena dopo il finale, con un paio di
momenti di tensione incredibili e un colpo di scena molto forte ma che è
perfetto per la tesi del regista. Il ritmo, forse, è l’indizio principale. Più
lento di quasi tutti i suoi film, come per dire “prestate attenzione anche al
contenuto non solo alla forma”. E anche per dire “pensavate parlassi dei
Western, ma in realtà ci siete dentro!”.
Tarantino ha capito l’importanza di un Leone che ha ribaltato le idee
politiche presenti in maniera consolidata in un tipo di film. Ha capito
l’importanza del contesto nelle opere d’arte e l’importanza delle opere d’arte
per migliorare il contesto. In maniera attiva e usando ciò che si vede per
pensare. Così si capisce perché inserisce la violenza nei suoi film (ovviamente
anche perché lo/ci diverte).
·
· · SPOILER :
Gli hippie assassini (chiaramente l’ironia critica del far sembrare che
tutti gli hippie siano stronzi è incredibile, come anche di come tutti gli
altri siano avversi a questi tipi strambi e portatori di cambiamenti non
convenienti per i vecchi e straricchi cittadini americani), entrano in casa di
Rick trovando il bigotto Cliff (per giunta su di giri) che li aveva infastiditi
nella scena tipicamente Western. E dunque, Tarantino, che cerca di raccontare
un periodo storico, distorce e cambia gli eventi facendo sembrare che fosse un
fatto personale, una vendetta (inaspettata) che diventa tale proprio come in
una contesa finale di quale genere cinematografico? Il Western.
Con l’epilogo e il salvataggio di Sharon, diventa chiaro per l’ennesima
volta che per Tarantino questo non fosse un film storico, ma autobiografico e
politico.
Racconta un periodo storico con estrema fedeltà, ma la storia non è
importante. È importante il suo significato. E, allo stesso modo, non è
importante il cliché del Western. È importante in che situazione fosse l’arte
cinematografica. Ovvero quasi alla morte creativa. Ed è importante il
rinnovamento, per mezzo della linfa della creatività artistica, di un genere e
di un’arte (la settima) che Tarantino ama più che mai.
PS: ho detto la parola “Western” tre miliardi di volte.
Era necessario ed è stato anche piacevole.
Tengo a precisare che Quentin stesso ha definito questo film il suo migliore. Non sei d'accordo? Approfondisci la visione del Maestro attraverso il suo nuovo libro biografico Cinema Speculation: https://amzn.to/48BzrJ4 e rivediti questo capolavoro, lo trovi qui in DVD, Bluray o 4K: https://amzn.to/3PLshJL
di Giovanni Piretti
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